Con il presente parere si intende rispondere al seguente quesito: in caso di lavoratore somministrato assunto con contratto part time spetta all’Apl o all’utilizzatore determinare l’orario di lavoro?
Come è noto, il D.Lgs. 176/2003 ha introdotto fra gli altri istituti normativi, la somministrazione di lavoro. L’istituto è poi stato riversato negli artt. 30-40 D. Lgs. 81/2015.Si tratta di una fattispecie negoziale complessa determinata dall’incontro di tre volontà negoziali distinte (Apl, lavoratore somministrato, utilizzatore), rappresentate e manifestate in due accordi contrattuali, uno di lavoro (tra Apl e lavoratore somministrato) e l’altro commerciale (tra Apl e utilizzatore).Da un lato vi è, infatti, il contratto di lavoro a termine o a tempo indeterminato tra somministratore e lavoratore, regolato dalla normativa vigente secondo un richiamo esplicito nell’art. 34, commi 1 e 2, D. Lgs. 81/2015, come modificato dal D.L. 87/2018, convertito in L. 96/2018.Dall’altro, parallelamente, ci si confronta con il contratto commerciale di somministrazione di lavoro fra somministratore e utilizzatore, regolato dal D.Lgs. 81/2015.Le obbligazioni nascenti dal primo contratto hanno effetti, reciprocamente, fra i due stipulati (Apl e lavoratore) senza riflettersi sostanzialmente sul terzo (utilizzatore), se non con riferimento alla posizione di vantaggio che viene riconosciuta all’utilizzatore sul lavoratore somministrato nell’esercizio del potere direttivo e organizzativo.Analogamente, con riguardo al secondo contratto, gli effetti dello stesso si riflettono sul lavoratore a seguito della comunicazione scritta da parte dell’Apl che informa il lavoratore stesso della necessità di rendere la propria prestazione lavorativa a favore di un altro soggetto datoriale e ciò quale effetto obbligatorio diretto del contratto di lavoro e senza obbligazioni giuridiche nuove: l’adempimento della prestazione spetta al datore di lavoro, il quale in proprio e senza coinvolgere giuridicamente il lavoratore, si è impegnato, con un successivo e diverso accordo con l’utilizzatore a fornire a quest’ultimo una determinata attività lavorativa.La natura giuridica della somministrazione, pertanto, va individuata separando le due fattispecie tipiche di cui si compone: il contratto di lavoro e il contratto di somministrazione.In questa ottica il contratto di somministrazione di lavoro, quale secondo elemento della più complessa fattispecie trilaterale della somministrazione, assume la natura, i caratteri e la struttura di un contratto a prestazioni corrispettive, fra due imprenditori, soggettivamente individuati, l’uno autorizzato a svolgere l’attività di fornitura di prestazioni di lavoro e l’altro che abbisogna di determinate prestazioni lavorative per la propria organizzazione commerciale, produttiva e di servizi.
Nella somministrazione si assiste ad una dissociazione tra datore di lavoro (somministratore) e utilizzatore titolare dei poteri direttivo e organizzativo. Infatti, per effetto del contratto di somministrazione e dell’assegnazione del lavoratore in capo ad un utilizzatore, l’Apl viene a spogliarsi del materiale esercizio del potere di direzione, di organizzazione e di controllo che passano in capo all’utilizzatore.
Sul punto la normativa è chiara. L’art. 30 D.Lgs. 81/2015 prevede espressamente che i lavoratori somministrati “svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore”.
All’Apl rimane in capo il potere sanzionatorio in caso di eventuali violazioni disciplinari imputabili al lavoratore, rispetto al quale l’utilizzatore assolve un ruolo meramente informativo che limita l’oggetto della comunicazione circa i fatti eventualmente contestabili ad una dettagliata fotografia dell’evento. A tal riguardo, l’art. 35, comma 6, D. Lgs. 81/2015 prevede che “ai fini dell’esercizio del potere disciplinare, che è riservato al somministratore, l’utilizzatore comunica al somministratore gli elementi che formeranno oggetto della contestazione ai sensi dell’art. 7 della legge 300 del 1970”.
Nello specifico, per quanto concerne il potere direttivo, l’art. 2094 c.c. stabilisce che il lavoratore deve svolgere la sua prestazione alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore. Riconosce, pertanto, uno specifico potere direttivo in capo a quest’ultimo, al quale corrisponde il dovere di obbedienza (art. 2104, co. 2 c.c.) prescritto al lavoratore. Attraverso l’esercizio di tale potestà, il datore di lavoro specifica i dettagli dei compiti affidati al dipendente, definisce contenuto e modalità di esecuzione della prestazione lavorativa (nonché i turni e gli orari di lavoro), puntualizza la disciplina dell’organizzazione aziendale complessiva. Il potere direttivo presuppone necessariamente un rapporto gerarchico tra l’imprenditore (ossia il capo dell’impresa) e dipendenti, e deve intendersi quale facoltà del datore di ingerirsi nell’esecuzione della prestazione lavorativa, determinandone le modalità di esecuzione.
Alla luce di quanto sopra, è evidente che in caso di lavoratore assunto con contratto part-time spetterà all’azienda utilizzatrice, titolare del potere direttivo – organizzativo, definire gli orari del lavoratore somministrato, in conformità alle proprie specifiche esigenze organizzative, estranee all’Apl.
È evidente che nel contratto commerciale ci sono tutti gli elementi che identificano le prestazioni che andrà a rendere il lavoratore. L’Apl nella lettera di assunzione specifica tutto quanto già concordato dall’utilizzatore, compreso l’orario di lavoro.